Il giardino d’inverno: cosa fare per prepararsi alla primavera

Le violette del giardino del caffè botanico

Il giardino d’inverno vive un periodo di riposo, le piante rallentano l’attività vegetativa o vanno in stasi, a causa delle basse temperature. Anche noi ci prendiamo una pausa, è normale, e magari tendiamo lasciare correre un po’ tutto e via.

In questi giorni, però, prima che arrivi la bella stagione, è molto importante preparare il tuo giardino e le piante alla primavera. E prepararti anche tu. Che ne dici?

Fare spazio

Un po’ come capita quando senti il bisogno di fare spazio al nuovo liberando e pulendo, mettendo in ordine e gettando, anche il giardino ha le stesse esigenze. Ecco quello che puoi fare:

Pulire i vasi ed eliminare quelli rotti o con le piante morte: il giardino sarà più ordinato e piacevole e potrai capire se c’è bisogno di integrare le perdite.

Mettere in ordine gli attrezzi e sostituire quelli usurati: avere tutto a portata di mano e ben funzionante renderà più efficace e gradevole il tempo dedicato al giardinaggio.

Liberare vasi e aiuole dalle erbacce: le infestanti, oltre a dare un senso di caos, sottraggono alle piante che abbiamo scelto importanti risorse, come luce, acqua e nutrienti minerali. Ricordi l’acetosella gialla? Io sto cercando di diradarla almeno nei vasi e sotto i cespugli, per il resto è una battaglia persa in partenza.

Smuovere il terreno per migliorare l’aerazione: le condizioni del terreno sono un aspetto da non trascurare, è molto importante che sia ben aerato per favorire l’ossigenazione delle radici.

Tagliare i rami secchi: permette alle piante di avere lo spazio per far sviluppare le nuove ramificazioni e crescere in maniera armoniosa. N.B. ricorda di tagliare in modo preciso a monte della gemma o delle prime foglioline.

 

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Giardinaggio e mindfulness

Con queste semplici attività il giardino d’inverno sarà pronto per la primavera e anche tu potrai beneficiare di un senso di pace e benessere. Come fare?

Quando ti dedichi alle piante, che sia in giardino o in casa non fa differenza, cerca di farlo con piena consapevolezza, prestando attenzione a ogni gesto e all’importanza che ha per le tue amiche verdi. Respira e “stai nel momento”.

Ieri ho spedito la prima Lettera22: il giardino racconta, la newsletter del caffè botanico, sul tema del giardino d’inverno. L’hai letta? Ci sono altri spunti sul mindful gardening, riflessioni e anche un regalo speciale. Non hai ancora fatto l’iscrizione? Il giardino del caffè botanico ti aspetta!

Progettare una newsletter: 5 consigli utili

newsletter

Quando ho deciso di progettare una newsletter per il caffè botanico, sapevo che sarebbe stato molto impegnativo, ma allo stesso tempo una sfida stimolante. Mi è sembrato naturale immaginare un luogo per una conversazione più raccolta su temi specifici, al di là del sito.

Lettera22: il giardino racconta è una porta aperta sul giardino del caffè botanico e sui segreti che custodisce, un’occasione per trattare le tematiche del giardinaggio, della mindfulness e del benessere. Inoltre, è una newsletter ricca di sorprese, ispirazioni e consigli.

Progettare Lettera22 è un grosso investimento di tempo ed energie, ma è un’avventura a cui tengo in modo particolare e che porterà lontano il progetto del caffè botanico. Ho pensato di condividere 5 consigli utili, cose che per me sono state efficaci, nel caso stia pensando anche tu di cominciare a scrivere una newsletter.

La pianificazione è tutto

Sembra banale dirlo, ma senza una pianificazione dettagliata e coerente non si va molto lontano. Dopo aver avuto l’idea di metter su Lettera22, mi son detta e ridetta ma dove vai? che scriverai? come farai? Poi a un certo punto ho deciso ma sì, lànciati! E così, ho cominciato a scrivere tutte le possibili idee sugli argomenti, ad abbozzare schizzi, a fare e disfare. Il primo passo concreto, però, è stato prendere un calendario e decidere la data in cui spedire la prima lettera.

Insomma, mettere una bandierina simbolica, tenendo ben presente tutte le cose che ci sono da fare per arrivare a spedire una newsletter, da quelle più pratiche, come scegliere la piattaforma e imparare a usarla, a quelle più creative, come decidere il nome e la palette di colori. Ho stabilito una scadenza per ciascun punto della lista di cose da fare e anche le priorità, in modo da avere sempre presente la fase del percorso e i tempi.

Poi ho cominciato da nome e colori. Non è stata una scelta ortodossa lo so, piuttosto un modo per rompere il ghiaccio con un’impresa che sentivo più grande di me e che mi faceva paura.

Non si smette mai di studiare

Dopo la paura, mi sono rimboccata le maniche e ho cominciato a informarmi e a leggere tutto quello che mi poteva servire per costruire la mia newsletter. Ho deciso di fare un investimento e di acquistare il corso online di Giada Carta “Newsletter da paura”, che mi ha dato sia gli strumenti tecnici sia quelli per la strategia di comunicazione.

Studiare, provare, mettersi in gioco. Una larga fetta del lavoro è racchiusa in queste tre parole, soprattutto quando si comincia da zero e ci si occupa in prima persona di tutto.

Fai le scelte giuste per te

Le scelte da compiere sono state tante. La piattaforma, la cadenza degli invii, i form, i font, la dimensione dei caratteri, gli spazi, le parole, le immagini, i processi… e tante altre ancora. Alcune cose sono semplici soltanto in apparenza, perdersi è facile e il timore di sbagliare è sempre in agguato.

Per superare lo spaesamento iniziale, ho fatto mio il motto “Fai le scelte giuste per te“. Non ha senso fare delle cose solo perché le fanno altre persone o nello stesso modo in cui le vediamo proporre. È anche controproducente. Invece, è utile scegliere le soluzioni adatte alle proprie esigenze e inclinazioni, soprattutto commisurate alle energie e al tempo di cui si dispone.

La perfezione non esiste, ma non accontentarti

Dopo aver provato e riprovato, controllato e ricontrollato, arriva il momento di mettere un punto. Anche se sono consapevole che avrei potuto fare di meglio, ho smesso di limare, cambiare, rimestare e ho inviato una prima e-mail, per ringraziare gli iscritti e festeggiare insieme. Migliorerò passo dopo passo, col tempo e con l’esperienza. Nel post di lunedì scorso, ho fatto dire anche a Charles Darwin che “Fatto è meglio che perfetto“!

Quello che comunque è importante è metterci tutto l’impegno e la cura possibili. Anche se può sembrare un controsenso, non accontentarti di quello che non ti convince. A volte capita di lasciar correre per fretta o stanchezza e di tenersi cose che non sono proprio come vorremmo. Ecco, questo no, perché non è ricerca di perfezione, ma di un risultato soddisfacente. Io avevo preparato tutto per il lancio di Lettera22 e poi, una volta inseriti i form di iscrizione nel sito, ho realizzato che la palette di colori scelta faceva a pugni con il resto. Che fare? Cambiare tutto o ingoiare il rospo? Ho cambiato tutto e sono felice così.

Dai spazio all’intuito

Ultimo e non ultimo, l’intuito. Un alleato insostituibile che ha combattuto il giudice interiore e il disfattista annidato nel cervello, una voce che mi ha guidato oltre i timori, le insicurezze e i dubbi.

Ascolta il tuo intuito, un saggio consigliere cui affidare la visione più ampia e prospettica dei tuoi progetti, capace di custodirla e riconsegnartela ogni volta che l’orizzonte si stringe, schiacciato dalle difficoltà e dallo sconforto momentaneo.

Su un bigliettino ben in vista sulla mia scrivania ho scritto un altro consiglio. Non dimenticarti di giocare e di divertirti nelle cose che fai.

Buon compleanno Charles Darwin!

Fiori e lumache

Ti avevo detto che avremmo festeggiato un compleanno speciale! Il 12 febbraio del 1809 nasceva Charles Robert Darwin, lo scienziato inglese che ha formulato la teoria dell’evoluzione, una delle teorie scientifiche più importanti, profondamente sovversiva per l’epoca in cui viveva, capace di segnare per sempre anche la cultura e la storia del pensiero filosofico.

Praline di scienza: variazione, selezione naturale ed evoluzione

Con la teoria dell’evoluzione, ufficialmente pubblicata nel 1859 nel libro On the origin of species by means of natural selection, Darwin mise in crisi quella che fino ad allora era stata la convinzione indiscutibile sull’origine della vita sulla Terra, la creazione divina. Le 1250 copie stampate si esaurirono in un giorno, ci credo!

Provo a riassumerla così.

1. Tutte le specie di esseri viventi, anche l’uomo, non sono sempre state così come le vediamo oggi, ma si sono originate, a partire da una specie ancestrale, a causa di un lento processo di cambiamento nel tempo.

2. Nelle popolazioni di ciascuna specie, nei singoli individui, si verificano variazioni casuali dei caratteri, che possono o meno favorire la loro sopravvivenza nell’ambiente in cui vivono. I caratteri che si rivelano più favorevoli, migliorando la capacità di adattamento degli individui che li presentano, consentono loro di riprodursi con maggiore efficacia, rispetto a quelli meno adattati.

3. Con la selezione naturale, quindi, i caratteri più favorevoli alla sopravvivenza degli individui in determinate condizioni ambientali vengono trasmessi ai discendenti e fissati nella popolazione.

4. Quando i caratteri trasmessi portano a modificazioni sostanziali nelle generazioni successive rispetto alla quella di partenza, si presentano i presupposti per la formazione di una nuova specie.

5. L’evoluzione, quindi, è dovuta alla somma nel tempo delle variazioni casuali dei caratteri che, sotto la pressione della selezione naturale, si rivelano più adatti alla sopravvivenza degli individui nell’ambiente naturale in cui la specie vive.

Il contributo di Darwin

Ciò che per noi ora è scontato e acquisito, al tempo di Darwin non lo era affatto, anzi costituiva lo scardinamento delle certezze, quelle stesse con cui era cresciuto lo scienziato, un affronto al pensiero dominante. Inoltre, collocando anche l’uomo nel processo evolutivo, paragonandolo a qualsiasi altro essere vivente, Darwin aveva messo in discussione la sua superiorità rispetto agli altri animali, “ponendo di nuovo in causa il senso, e il posto, dell’uomo nel cosmo”, per dirla con le parole di Giorgio Celli.

C’è da aggiungere che, eliminando il presupposto di un atto di creazione divina e considerando le variazioni indipendenti dagli organismi, quindi prive di qualsiasi progettualità esterna, Darwin introduceva uno sguardo scientifico e non soggettivo sui processi evolutivi e biologici in generale. La biologia, la scienza della vita, poteva essere considerata al pari delle altre discipline scientifiche e studiata con oggettività.

Come nasce la teoria di Darwin

Ristudiando Darwin dopo tanti anni, ho scoperto il fascino del processo che ha portato lo scienziato inglese a formulare la sua teoria, ma ho anche raccolto spunti interessenti e utili insegnamenti.

Il viaggio del Beagle

Se Darwin fosse rimasto a casa, in Inghilterra, a fare il medico come voleva il padre o il pastore di anime, la teoria dell’evoluzione l’avrebbe scritta di sicuro qualcun altro. E invece, nel 1831, riuscì a partire come naturalista a bordo del brigantino Beagle, un trealberi della marina inglese, che avrebbe fatto il giro del mondo in 5 anni. In questo viaggio ebbe la possibilità di visitare luoghi lontani, scoprire fossili in Argentina, vedere foreste lussureggianti, praterie e deserti, osservare fenomeni geologici e isole sperdute nell’oceano, animali e piante mai visti prima. Il viaggio con il Beagle è stato l’occasione per cominciare a elaborare la sua teoria. Quando si dice che i viaggi portano sempre a una scoperta e che non si torna mai come si è partiti!

Tutto nasce dall’osservazione

Darwin, da bravo naturalista dell’ottocento, osservava e annotava tutto quello che vedeva, faceva schizzi e raccoglieva reperti. E si faceva domande. Ed è stato proprio osservando in maniera critica che è arrivato alla teoria dell’evoluzione. Trovando fossili di animali estinti simili a quelli ancora viventi, cominciò a chiedersi come fosse possibile se le specie erano considerate immutabili nel tempo.

Fu il soggiorno di poco più di 40 giorni alle isole Galápagos a rivelarsi decisivo. Questo arcipelago di isole vulcaniche è situato nel Pacifico, sull’Equatore, a circa 650 miglia dalla costa dell’Ecuador. Ha però un clima differente da quello della terra ferma, per la presenza delle acque fredde della corrente di Humboldt. Sulle varie isole potè osservare specie di animali simili a quelle viste sulle coste dell’America Latina eppure diverse, ma ancor più incredibilmente simili tra loro per alcune caratteristiche, ma diversissime per altre. Il caso più noto è quello dei famosi fringuelli di Darwin, differenti sulle varie isole e nei diversi ambienti per la forma del becco. A Darwin era chiaro che la la forma del becco differisse in base al tipo di alimentazione, ma questo implicava che gli uccelli si fossero adattati a condizioni diverse nelle varie isole. Si trovava nuovamente di fronte a qualcosa che andava contro le convinzioni della sua epoca, la creazione divina e l’immutabilità delle specie.

Il rischio di aspettare troppo

Tornato in patria, Darwin studiò il materiale raccolto, scrisse Viaggio di un naturalista intorno al mondo e altri contributi e continuò a rielaborare le sue idee sull’evoluzione, intuendo la crucialità della selezione naturale e cercando il modo di presentare una teoria coerente e il più possibile completa.

Venti anni dopo il ritorno dal viaggio col Beagle era pronto a scrivere un compendio della sua teoria, ma Darwin ricevette la lettera di Alfred Russel Wallace che gli comunicava di essere arrivato a una teoria sull’evoluzione. Ecco, dopo tanta fatica Darwin rischiava di perdere la priorità sul lavoro di una vita. Per fortuna, tra gentiluomini ragionevoli trovarono un accordo e, nel 1858, fecero insieme una comunicazione alla Società Linneana. Wallace, comunque, riconobbe a Darwin la completa paternità scientifica, per aver non soltanto intuito ma anche dimostrato la teoria dell’evoluzione. Bene così, no? A me non resta che ricordare, anche per esperienze personali, che aspettare troppo a tirar fuori le idee dai cassetti è rischioso, concordi?

Per concludere

Darwin non aveva tutti gli strumenti per comprendere i meccanismi biologigi e genetici alla base dell’evoluzione, non sapeva quello che la biologia molecolare e la genetica avrebbero scoperto anni più tardi, eppure è riuscito a darne una spiegazione piuttosto coerente. E poi era consapevole del fatto che la sua teoria non potesse e non possa essere dimostrata in maniera sperimentale.

Ecco, mi viene da pensare che a un certo punto si sia detto, nonostante i 20 anni di studi, fatto è meglio che perfetto! Una cosa che dovremmo tenere a mente anche noi, non come scusa per essere approssimativi e superficiali, ma per imparare a riconoscere quando è un improbabile e dannoso perfezionismo a trattenerci, quando è la paura di metterci in gioco e di sbagliare a bloccarci nel nostro cammino.

Grazie anche di questo Darwin e buon compleanno!